Barasso
Chiesa di San Martino
La tradizione popolare attribuisce la costruzione della chiesa a san Giulio, prete greco che autorizzato dall’imperatore Teodosio I nel IV secolo promosse in varie zone d’Italia la costruzione di chiese cristiane dove prima sorgevano altari dedicati al culto pagano. San Giulio passò da Barasso mentre si recava nel novarese e a Orta avrebbe trovato la morte. Fino all’Ottocento a Barasso si celebrava il 31 gennaio di ogni anno una messa solenne in suo onore.
La chiesa è orientata a est, il Battistero è attualmente nel lato nord della chiesa. Nel 1574 l’architetto varesino Giuseppe Bernascone, per ordine di S. Carlo, progettò l’attuale ampliamento della chiesa, che fu però eseguito nel 1625. Divisa in tre navate, la chiesa comprende due altari laterali: quello a sinistra è dedicato alla Madonna Assunta, che vi compare in forma di statua ad altezza naturale, commissionata nell’anno 1857 dal coadiutore di Barasso don Giuseppe Mauri allo scultore Faverio Bernardino.
La chiesa è dedicata a Martino, santo vissuto tra il 315 e il 397, e tale nome fa pensare che la chiesa sia stata edificata tra il IV e il V secolo d.C. Nei primi secoli la chiesa non era ancora parrocchia e dipendeva dalla pieve di San Vittore a Varese. Inizialmente era solo una cappella che misurava circa 9 metri di lunghezza, era circondata da un cimitero mentre, ove ora è il Battistero, esisteva l’abitazione del custode o del curato. A sud scorreva il torrente Viganella che delimitava chiesa, cimitero e casa del prete dal resto dell’abitato. Il cimitero non era cintato e lupi e orsi dal Campo dei Fiori vi entravano facilmente divorando i cadaveri che vi erano sepolti, non molto in profondità e fasciati solo da un lenzuolo. Al centro del cimitero era anticamente una cappella con altare, su cui era un dipinto rappresentante la Madonna delle Grazie col Bambino, Sant’Agata, S. Cristoforo e S. Rocco: tali personaggi sono sormontati da un cartiglio, tenuto a due mani da un angelo, su cui è scritta la terzana dantesca di devozione mariana “Donna, sei sì grande e tanto vali/ che qual vuol grazia e a te non ricorre/ sua distanza vuol volar senz’ali”. Mentre la cappella è stata demolita, l’affresco è stato inserito nella parete meridionale esterna della chiesa, ove è tutt’ora visibile.
Sulla parete di destra del coro, una grande tela rappresenta un ex voto dei barassesi reduci dalla battaglia di Lepanto: il dipinto raffigura la Madonna del Rosario con i Santi Domenico e Caterina; in basso si vedono i committenti con le loro donne in abiti spagnoleschi. Una volta sopra il portone centrale, ora sopra il confessionale, vi è un Cristo coronato di spine del Sodoma.
L’altare a destra è dedicato all’addolorata con una tela dipinta nel 1620. Sulla parete della navata di destra è appeso un crocifisso ligneo opera dello scultore Vittorio Tavernari, mentre nella navata di sinistra compare un dipinto del pittore Metelerkamp, raffigurante l’ultima cena.
Nella navata centrale, in alto lungo la trabeazione compaiono le scritte, da destra: “Beati qui habitant in domo Domini” e a sinistra “Haec est domus Domini et porta coeli”.
L’altare centrale è caratterizzato da un tempietto a colonne sormontato da una cupola con la statua di Cristo Redentore, e altri due angeli sono posti ai lati del tabernacolo che ha una porticina dorata con sbalzo e cesello rappresentante l’ultima cena. Sull’altare maggiore compaiono le scritte, da sinistra: “Pascha nostrum immolatus est Crhistus (canto all’alleluja del giorno di Pasqua, con l’errore di posizionamento della ‘h’ dopo e non prima della ‘r’)”, e a destra: “Angelorum esca nutrivit Dominus popolum suum” (“Il Signore ha nutrito il suo popolo con il cibo degli angeli”).
Gli affreschi visibili sulla volta lungo la navata centrale sono stati dipinti dal prof. Pasetti di Arcisate e raffigurano, dall’ingresso all’altare, S. Nicone di Barasso, S. Martino, S. Ambrogio e S. Carlo patroni della diocesi. Sull’altare le lunette raffigurano l’immolazione di Isacco (a sinistra) la Cena di Emmaus (al centro) e il sogno di Elia (a destra), mentre nella volta riguardano il SS. Sacramento.
La chiesa esternamente è rivestita di mattoni rossi inframezzati a bianchi, lo stile architettonico è il romanico lombardo e fu rifatta nel 1927. Attualmente sulla facciata principale sopra il portone d’ingresso compare un rosone; al suo posto, fino alla fine degli anni Trenta del ‘900 esisteva un affresco raffigurante San Martino a cavallo. Sopra le due porte laterali d’ingresso sono state aperte due trifore, una per lato.
La sacrestia è dotata di un grande armadio, in noce scolpito, del 1674.
La parrocchia di Barasso fu istituita nel 1100, ma i registri iniziano solo dal 1565. Il primo parroco fu Bernardino Caravati.
Nel territorio della parrocchia vi sono altre due chiese: una, in frazione Cassini, dedicata a Maria Immacolata e una, nella frazione di Molina, intitolata a Sant’Ambrogio.